Tedesco Gennaro

Gennaro Tedesco inizia la sua collaborazione con l’SCSM nella sua qualità di studioso di storia bizantina, pubblichiamo intanto tre dei numerosi articoli da lui inviati che, anche se non trattano specificamente di storia militare, saranno di indubbia utilità per cominciare ad inquadrare alcune problematiche generali relative al periodo: Quello che non c’è nei libri di storiaTerre di confine, tra Bisanzio e Bagdad. Identità  italiana e globalizzazione e L’Ultimo Catapano. Quella che segue è la presentazione ai soci del nostro segretario, Prof. Piero Pastoretto. Tutti gli articoli illustrati di seguito, compresi i tre precedenti, sono disponibili in un unico file. Raccomandiamo vivamente i nostri lettori di consultare gli articoli che elenchiamo di seguito. Iniziamo con Quello che non c’è nei libri di storia, che può essere letto come un compendio breve di storia bizantina, comprendente l’esercito e la sua organizzazione tematica, la marina, la tecnologia del famoso fuoco greco, l’amministrazione, i possedimenti italiani, il commercio persino la produzione letteraria, la retorica e un riferimento al più noto poema nazionale bizantino: il Digenis, quasi sconosciuto in Occidente. Segue poi un breve saggio Impero carolingio e Impero bizantino. Due modelli a confronto, che riassume lucidamente le differenze strutturali, tutte a vantaggio del secondo, tra i due Imperi. E’ parecchio originale, poi, la digressione di Gennaro Tedesco su L’anno Mille. Non si tratta affatto, ad onta del titolo, di una rivisitazione della nota leggenda romantica sul terrore che percorse l’Europa allo scadere del primo millennio, ma di un’efficace analisi sul millenarismo e sulle paure dell’uomo moderno rapportati alla tradizione teologica ed escatologica cristiana ortodossa e latina. Breve ma denso è l’articolo successivo: Costanze e incostanze della Storia: l’Italia meridionale dai Greci ai Romani d’Oriente, che ci rammenta (cosa colpevolmente trascurata dalla normale storiografia) come le regioni meridionali d’Italia siano state indelebilmente forgiate non soltanto dalla presenza greca nella Magna Grecia, ma anche e soprattutto, sino allo scadere del primo millennio, dalla loro dipendenza dall’Impero Romano d’Oriente e dai suoi basileis, del tutto estranei alla cultura che contemporaneamente si sviluppava in Occidente, che ne hanno forgiato le tradizioni ed il carattere. Con Manoscritto anonimo bizantino ritrovato ad Elea secolo XI-XII. Ovvero aspettando i predatori dell’arca perduta l’autore non ci offre soltanto una bella pagina di storia attraverso l’importante ritrovamento di un palinsesto bizantino, ma si addentra addirittura nel campo della filosofia della scienza, mettendo ancora a paragone antichi e moderni e scoprendo che non esiste poi tanta differenza tra le dispute dei bizantini sulla logica, la retorica, l’epistemologia e la metodologia della scoperta scientifica e quelle di filosofi moderni come Popper, Lorenz o Buhler. Un articolo certamente per palati raffinati. Raccomandiamo poi all’attenzione dei lettori l’articolo Magellanica, in cui Gennaro Tedesco cerca una spiegazione razionale del perché la figura di Ferdinando Magellano, un tempo eroe dello spirito di scoperta e di conquista europeo, sia oggi ingiustamente trascurato, sia dalla cultura dei più, sia, e ciò è ancor più colpevole, persino dalle scuole e dalle università . L’articolo si conclude con una sostanziosa bibliografia magellanica. Il professor Gennaro Tedesco ci invia poi tre altri interessanti articoli di storia. Pur essendo specializzato, come ormai ben sappiamo, in bizantinistica, l’autore non si esime dall’esplorare altri orizzonti, animato come è da quella passione e da quella segreta curiosità che sicuramente tutti i nostri lettori conoscono.
Degli ultimi tre articoli (riuniti a loro volta in un altro file unico) che ci sono arrivati il primo, Politica agraria, letteratura e Impero, prende spunto da una breve composizione del retore e oratore Temistio, scritta poco prima del 355. Dall’esame di questo scritto praticamente un esercizio di retorica pieno di echi classici l’autore risale con perizia storica e dovizia di documenti, al vero tema dell’articolo, ovvero la crisi agricola del tardo Impero e le varie e spesso discordanti misure economiche e sociali con cui gli imperatori intesero affrontarla e risolverla. Conclude l’articolo una ricca bibliografia. Dracul, la Romania e il Mondo è il titolo del secondo intervento di Gennaro Tedesco che pubblichiamo. Esso nasce dalle considerazioni dell’autore su un lavoro interdisciplinare condotto a scuola con i suoi studenti e dal grande attaccamento, più che semplice interesse, che lo lega alla Romania, poco conosciuta da noi Italiani se non attraverso comuni pregiudizi, nella quale ha condotto diversi viaggi. Appunto da due di queste visite, fatte negli ultimi anni della dittatura di Ceausescu, il professor Tedesco ha tratto l’ispirazione, sia per la sua ricerca interdisciplinare e pluridisciplinare, sia per il presente articolo. Il lettore non si aspetti però un pezzo sul folklore romeno o sul mito draculico, una sorta di medio proporzionale tra la ricostruzione storica ed il puro stile horror. In realtà le considerazioni dell’autore si concentrano sull’interpretazione sociologica e, per così dire, dell’inconscio collettivo da cui discende la leggenda e si distende su riflessioni politiche sul lungo periodo di dittatura che la sventurata Romania ha dovuto sopportare. L’articolo è corredato da una consistente bibliografia. Il terzo articolo della triade è intitolato Garibaldi ed è una sobria riflessione sulla figura dell’Eroe dei due Mondi. Questi è combattuto fin dalla giovinezza tra l’ideale democratico e repubblicano ed il grave compito di unificare e rendere indipendente la Nazione italiana. Tuttavia il Nizzardo è da subito ben cosciente che entrambi gli obiettivi non potevano essere raggiunti contemporaneamente, come voleva invece l’astrattismo ideologico, ma poco concreto e pragmatico, di Giuseppe Mazzini. Per lui si trattava di scegliere ed infatti scelse la seconda missione, che condusse parzialmente a termine attraverso la personale alleanza, non disgiunta da una stima per il carattere franco e schietto simile al suo, addirittura con il re Vittorio Emanuele, bypassando così, come si dice oggi con un orribile termine anglofono, l’intermediazione intrigante e politica del Cavour.